Sul Museo Etnografico Cerignolano (1979), nella SALA dedicata ad uno dei MESTIERI ARTIGIANALI SCOMPARSI, nel 1976, ovvero le FORNACI, fra i numerosi MANUFATTI in ARGILLA esposti, balza subito agli occhi dell’attento OSSERVATORE l’oggetto di questo articolo. Sono, in linea di massima, proprio i bambini/e a rivolgere le DOMANDE:
– COSA È QUELL’OGGETTO ?
– PERCHÈ È TUTTO BUCATO ?
– A CHE SERVIVA ?
Tre DOMANDE incalzanti che ad uno sprovveduto metterebbero ansia e in seria difficoltà. Capita anche di sentire tra i bambini/e presenti, con voce sommessa, che uno riferisce all’altro/a: “È come la ZUCCA di “HALLOWEEN”.
La suddetta RISPOSTA sommessa è, semplicemente, frutto di una distorsione della nostra antica tradizione italiana che nulla ha che vedere con la notte di “HALLOWEEN”. La nostra tradizione tratta la COMMEMORAZIONE dei DEFUNTI. La GENEROSA SPONTANEITA’ dei bambini si contrappone all’ ASSORDANTE SILENZIO degli adolescenti e degli adulti di fronte agli oggetti del passato.
L’ORCIO si riferisce ad un qualcosa di molto più terreno e meno complicato. Si tratta di un contenitore utilizzato per l’approvvigionamento di acqua per gli assetati animali da cortile.
Il nome dialettale dell’ORCIO corrisponde a “u palumm(e)r(e)”. Questi ORCI venivano prodotti dalle nostre FORNACI ed una di queste era la benemerita FORNACE della FAMIGLIA FERRARO (1), i cui ANTENATI provenivano, sin dagli inizi dell’OTTOCENTO, dalla Città di Terlizzi.
I “palumm(e)r(e)” erano degli ORCI sui quali, terminata la TORNITURA (lavorazione al TORNIO a pedale manuale), veniva applicata una sola ANSA (MANICO). Venivano praticate, inoltre, con apposita lama lignea ben sagomata, una serie di APERTURE, tipo “FINESTRE”, atte a dare la possibilità agli animali da cortile come GALLINE, OCHE, PAPERE, UCCELLI e, SOPRATTUTTO, i COLOMBI – “i palumm(e)r(e)” – di poter abbeverarsi, allungando il collo infilando la testolina nelle APERTURE.
Le APERTURE praticate sull’ORCIO erano TRE e a FORMA TRIANGOLARE con i tre lati di poco ARCUATI per dare la possibilità agli animali di bere senza crearsi ferite alla parte sommitale del corpo. Le tre APERTURE partono all’altezza della PANCIA dell’ORCIO, corrispondente al livello massimo dell’acqua. Tutto era già calcolato dal FORNACIAIO, in modo tale da dare la possibilità a più animali di poter dissetarsi contemporaneamente.
Gli ORCI presenti ed esposti presso il MUSEO ETNOGRAFICO CERIGNOLANO (1979) sono QUATTRO con piccole differenze di dimensioni tra di loro e uno molto più PICCOLO. Il più GRANDE misura cm. 37 di altezza.
I suddetti ORCI, i quali venivano acquistati direttamente presso le ANTICHE FORNACI, venivano utilizzati sia in campagna (casolari, masserie, etc.) che in città dove, soprattutto presso le tristi, oscure e malsane abitazioni seminterrati, gli “jusi”, dove abitavano famiglie del più basso grado sociale ovvero i cafoni o terrazzani, crescevano animali da cortile e nelle gabbie che durante la giornata venivano portati fuori, in strada, liberi di razzolare e, quindi, di poter dissetarsi con l’acqua contenuta nei “palumm(e)r(e)”. Gli animali da cortile, per questa povera gente, rappresentava una minima fonte di GUADAGNO. Gli stessi ORCI venivano usati anche sulle soffitte, i COLOMBAI, per i COLOMBI e per le GALLINE.
Il nostro ringraziamento va al Maestro Fornaciaio, POTITO FERRARO che, nel 26 marzo del 1976, me ne fece dono per il futuro MUSEO.
Cerignola, 19 Novembre 2023 Matteo Stuppiello
Bibliografia
(1) – MATTEO STUPPIELLO, Il fornaciaio, CERIGNOLA – Centro Regionale di Servizi Educativi e Culturali 1989 – REGIONE PUGLIA – Istituto di Storia delle Tradizioni Popolari Università degli Studi di Bari – Centro Studi e Ricerche “Torre Alemanna” – Cerignola. Stabilimento Grafico Editoriale LEONE Grafiche – Foggia – 1993, pp. 110-117.