Fra i periodi liturgici “forti”, il tempo della Quaresima è, sicuramente, quello che ha destato nel corso dei secoli – e dal punto di vista storico e dal punto di vista artistico – maggiori sentimenti di “pietas”.
Sin dal IV Secolo d.C., la Quaresima, dal latino quadragēsĭma, indica l’arco temporale di quaranta giorni che precede la festa della Pasqua, acme dell’annuale cammino cristiano; tale periodo nel corso dei secoli, ha fortemente influenzato l’andamento della civiltà e della cultura occidentale imponendosi – temporalmente – dopo il “carnevale” che, con il tipico atto di “levare la carne” ( dal latino Carnem–levare), indicava il capolinea di un tempo di festeggiamenti ai quali, sin dalla romanità, si era soliti abbandonarsi.
Si trattava di momenti di ilarità, scherzo, dissolutezza e piaceri di luculliana memoria.
L’uomo, sin dalla notte dei tempi, ha sentito la necessità di dare concreta rappresentazione alle opere divine, soprattutto in un contesto come quello religioso, dando forma e fattezza a ciò che la liturgia propone.
Ecco allora la realizzazione di opere quali “La Pietà” di Michelangelo, “La Crocifissione” del Masaccio o ancora opere “nostrane” come il Crocifisso ligneo policromo del sec XV già della cappella della Santa Croce nella Chiesa Madre al quale il carissimo e fraterno amico Prof. Matteo Stuppiello ha dedicato l’ultima sua pubblicazione (1), frutto di un’accurata e certosina ricerca ultradecennale.
Sono da considerarsi rilevanti non solo le massime espressioni artistiche, quali le opere menzionate nelle precedenti righe, ma anche tutta una serie di “strumenti” che i nostri antenati, nella semplicità delle loro quotidiane vite, adoperavano per instaurare un “collegamento” fra la vita terrena e quella divina soprattutto in un periodo fortemente sentito come era quello della Quaresima vissuto scandendo le ore fra preghiere, meditazioni, digiuni, fioretti e rinunce con lo scopo di scontare non solo i propri peccati ma anche quelli delle penitenti esistenze di persone vicine e non affidate alle loro preghiere.
Proprio nel contesto della “fede dei semplici” che è alla base della nostra realtà locale si inserisce una curiosa testimonianza conservata presso l’archivio del Museo Etnografico Cerignolano ovvero una raccolta di cinque “santini” a stampa raffiguranti i momenti del calvario di Gesù; a voler essere più precisi si tratta della raffigurazione dei meglio noti “Misteri dolorosi” ovvero:
- L’Orazione di Gesù nel Getsemani (fig. 1);
- La flagellazione di Gesù nel pretorio (fig. 2);
- L’incoronazione di spine di Gesù (fig. 3);
- La caduta di Gesù mentre sale al Calvario (fig. 4);
- La crocifissione di Gesù sul Golgota (fig. 5).
Ciò che sicuramente colpisce è, in primis, l’accuratezza dei dettagli.
Delle suddette immaginette nessun dettaglio è lasciato al caso: dai vividi colori alle sfumature dei paesaggi, dai simboli della cristianità a sfondi prospettici; decorazioni dal fascino antico che sono databili, a parere di chi scrive, ad un arco temporale fra fine’800 e inizi ‘900.
Queste piccole chicche, pregevole esempio di applicazione della tecnica della cromolitografia, accuratamente conservate dal prof. Stuppiello, testimoniano una realtà come quella popolare-religiosa che è insita nel nostro patrimonio genetico soprattutto in una realtà semplice e genuina come quella della società cerignolana di fine ‘800 in cui si intrecciavano religiosità e superstizione, ricchezza e povertà, lotte contadine e sontuosi balli presso i palazzi nobiliari della città ma il tutto caratterizzato da un fil rouge ovvero la fede.
Si badi però di non intendere il concetto di “fede” solo ed esclusivamente ai massimi livelli, per esempio come quella concretizzata nella vita del venerabile Mons. Antonio Palladino, morto proprio all’inizio del ‘900 in odore di santità, ma anche, anzi, soprattutto, come fede dei semplici, degli umili che mediante l’ausilio di queste raffigurazioni davano voce al proprio intimo contatto con Dio rivivendo quasi in prima persona le sofferenze ritratte in quei cartonati.
Chissà quante volte la compianta sig.na Antonia Dibisceglia (2), originaria proprietaria, che nel gergo affettuoso a volte mi permetto di definire “Zia bzzok” avrà stretto tra le mani quelle immaginette, quante preghiere, quante suppliche, quanti pensieri… tutto ciò è la fede dei semplici.
Cerignola, 25 Marzo 2024 Antonio Forina
(1) – MATTEO STUPPIELLO, Il Crocifisso ligneo policromo del sec. XV già della Cappella della Santa Croce nella Chiesa Madre – Cerignola 2022 – Tipolitografia “Imprimatur Group srl”, via Barletta, I Traversa C.da S. Tommaso, sn – San Ferdinando di Puglia (BT).
(2) – ANTONIA DIBISCEGLIA (*Cerignola (FG) 18.6.1892) † Cerignola (FG) 11.4.1970) figlia di Giuseppe e di Antonia Borrelli, zia alla sig.ra Russo Lucia, madre dell’amico Matteo Stuppiello.