Il CESTAIO un
mestiere antico, nato con l’uomo. Il sapiente e saggio modo di INTRECCIARE i rami di alberi, arbusti, dando forma e consistenza in un ordine creato
dall’AGILITA’ delle dita del CESTAIO.
Non ci sono attrezzi particolari, una RONCOLA (“la ronk(e)l(e)” per tagliare i rami,
nel passato, una FORBICE (“la fur(e)c(e)”) da potatura più
recentemente, un COLTELLO (“u
kur(e)tidd(e)”) a lama corta ed uno a lama lunga per tagliare le canne
in quattro strisce.
Intrecciare i rami non è una vera e propria attività
professionale, è un’ “arte” molto povera che non mancava
di gioiosa fantasia. Le tecniche non
venivano apprese in bottega, venivano essenzialmente ereditate da padre in
figlio. Un lavoro che quasi sempre utilizzava tempi morti del ciclo agrario, i
momenti di pausa e di riposo.
Nei RIONI cittadini
vi erano CESTAI e la comunità
riconosceva il contadino-artigiano
che lavorava per conto proprio e per gli altri.
Nato con l’uomo, s’è detto. Di fatti possiamo citare momenti
storici clamorosi come quello biblico quando Mosè fu abbandonato in un CESTO
nel NILO. Oppure come nella PARABOLA
dei PANI e dei PESCI che ci fa vedere una infinità miracolosa di CESTI. O ancora le testimonianze
soprattutto plastiche espresse nell’arte dagli Egiziani, ai Romani, ai nostri
tempi.
Ma veniamo alle notizie relative alla presenza di artigiani CESTAI
(“i panar(e)dd(e)r(e)”, i kan(e)str(e)r(e)” in Cerignola. L’ultimo CESTAIO è stato il Sig. MICHELE LUCENTE, nato a
Cerignola il 21 febbraio 1922 e
deceduto a Cerignola il 13.4.2010 nella
sua casa in via Savona, 21/D, figlio di Francesco e di Rosa Lonigro, nativi di VALENZANO (BA) (1).
In due notevoli ed istruttive interviste (il 27 febbraio alla casa e il 5 marzo 2005 sul
MUSEO ETNOGRAFICO CERIGNOLANO (1979) (2), all’epoca l’ottantaduenne artigiano MICHELE racconta e narra con vivo
entusiasmo e con buona memoria le sue vicissitudini relative al mestiere di
CESTAIO rispondendo esaurientemente alle domande (di tanto si ringrazia
vivamente la Famiglia Lucente).
Si parte dall’origine. I genitori e i nonni paterni Francesco e Caterina De Toma e un fratello di Francesco, Cosimo, spinti dallo scarso lavoro, agli inizi del ‘900, dal paese di Valenzano, si trasferiscono a Cerignola. Per la verità già nella metà del secolo precedente era iniziato questo ricco flusso immigratorio che dai vari paesi della provincia di Bari ( Andria, Corato, Giovinazzo, Terlizzi, Ruvo … Valenzano) venivano a lavorare come contadini ed artigiani, portando con loro anche le famiglie, nel nostro vasto e fertile agro: oliveti, vigneti, mandorleti, orti, cereali soprattutto … derivanti da possedimenti agricoli, gran parte trasformati e messi a coltura nella prima metà ‘800. C’era lavoro per tutti sia per i contadini che per gli artigiani impiegati a centinaia nei campi, nelle cantine, nei frantoi … con la produzione e manutenzione delle attrezzature manufatti da essi richiesti. A tutto questo va aggiunto l’indotto come linfa vitale: i carradori, i bardari, i sellai, i fabbri, i maniscalchi, i falegnami, i bottai, i funai, gli arrotini , i meccanici … i CESTAI. E per questa vita CONTADINA, ma anche CASALINGA, si inseriscono i Cesti, i Panieri, i Canestri. A questo punto riportiamo quanto ci aveva detto l’artigiano MICHELE LUCENTE.
Ricordava molto bene il suo primo PANIERE(“u pan(e)r(e)”) realizzato nel 1926 che conservava ancora, utilizzato per mettervi le lumache (“i ciamar(e)uk(e)”). Sin da piccolo, invogliato dal padre che chiamava “tatà”, imparava l’antica
tradizione artigianale del CESTAIO.
Sposatosi nel 1946
con Maria De Vivo, nativa di Valenzano (3), nell’anno successivo, con la
sua ritrovata indipendenza famigliare, inizia l’attività di CESTAIO. Abitava in Vico I Chiomenti, n. 82. Ebbe numerosa prole e dopo la
giornata di lavoro nei campi, svolgendo mansioni di contadino: vendemmiatore, potatore, innestatore,
zappatore, cavatore di fossi per l’impianto di vigneti o di oliveti,
mandorleti, frutteti…, la sera si dedicava, per poter aggiungere qualcosa
alla scarsa economia, all’intreccio dei
rami per realizzare i CESTI. La moglie lo ha sempre collaborato sfogliando
i rami riunendoli in fascetti. Il lavoro continuò fino al 1961, poi seguitò a fare il contadino ed andò ad abitare a Cerignola Campagna. Nel 1975 si trasferì a Cerignola e vi rimase fino al 1993 quando ritornò ad abitare di nuovo a
Cerignola Campagna riprendendo in pieno il mestiere di CESTAIO.
Acquistò la moto ed
un piccolo rimorchietto per trasportare i materiali e i manufatti. Vendeva la
merce vicino al passaggio a livello (oggi soppresso in seguito alla
costruzione del cavalcavia). Tutto è durato fino al 2000 quando con l’ultimo trasferimento definitivo a Cerignola continuò
ad andare a Cerignola Campagna con la moto e il piccolo rimorchio ad
intrecciare Cesti, Canestri e Panieri, fino al 2003 per ritirarsi in pensione.
Essendo l’ultimo CESTAIO le sua notizie costituiscono una testimonianza storica
fondamentale.
La materia prima per costruire i CESTI sono i rami da intrecciare. Venivano ben SCELTI e SELEZIONATI a seconda delle esigenze richieste dal
manufatto. Il SALICE (vimine – “vim(e)n(e)”)
è un buon legno perché si presta molto bene ad essere lavorato; il PIOPPO; l’ OLMO è il migliore insieme al MELOGRANO;
l’OLIVO (i succhioni (“i maskul(e)n(e)”); il GELSO, la CANNA di canneto, la TAMERICE.
A proposito di quest’ultima pianta vi era un modo di dire dialettale che spesso
i CESTAI-CANESTRARI erano soliti
ricordare agli acquirenti “la tammar(e)c(e) non (e)v(e) nisciun(e) kkè dd(e)c(e)”(
sulla Tamarice nessuno ha nulla da
ridire). Tutti questi materiali
venivano raccolti in parte nelle nostre contrade, presso l’OFANTO, in zona TRESSANTI, POSTA
ANGELONI, ma anche verso MANFREDONIA
nelle zone acquitrinose e si arrivava fino a MATTINATA raccogliendo rami di
alberi posti ai margini (“u ras(e)l(e)n(e)” ) delle strade. Preoccupante
era quando in estate veniva acceso il fuoco alle sterpaglie nelle cunette, nei
canaloni o si effettuavano lavori di
bonifica. La “raccolta” andava bene per tutte le stagioni. Nell’ultimo
periodo, ricorda Michele Lucente,
dal 1961 in poi, i materiali venivano
acquistati da alcuni operai che li raccoglievano per loro: fra questi, FRANCESCO
SCIUSCO e LINO CALVIO.
La vendita dei manufatti veniva effettuata in loco e fuori. MICHELE LUCENTE, con il padre Francesco, andavano con il carretto
tirato dall’asino, carico fino all’inverosimile di canestri, cesti, panieri e con quel ricco assortimento andavano nei
seguenti paesi: Stornara, Stornarella,
Carapelle, Orta Nova, San Ferdinando di Puglia, Trinitapoli, Canosa di Puglia,
Margherita di Savoia, Barletta e così via fino a Molfetta. Ma anche a
Zapponeta, Manfredonia fino a Mattinata. In questi due ultimi paesi
vendevano soprattutto canestri per trasportare il pane da infornare.
Arrivati nelle città girando per le strade, il padre, a voce
alta, intonava il seguente verso ”pan(e)r(e) e kkanistr(e)”.
Generalmente il carico veniva tutto venduto e venivano anche raccolte le prenotazioni per il successivo turno.
Dopo la separazione lavorativa con il padre, Michele Lucente, dal 1946 al 1961,
girava da solo pedalando per chilometri sulla bicicletta caricandola di cesti
posto in uno molto più grande ancorato su un portabagagli posteriormente, altri
pendenti ai lati di questo ed ancora una settantina
di cesti e panieri infilati in un lungo filo di ferro. A volte, la
bicicletta, sbilanciata, tendeva ad impennarsi. La partenza a mezzanotte circa,
per arrivare la mattina di buon’ora nei paesi sopra menzionati. Sul percorso
capitava anche la pioggia, la neve, il sole cocente, il vento … Tutto si
consumava con estremo sacrificio con la sola e grande consolazione di aver
venduto tutto.
I nomi dei manufatti: erano tanti e vari, adatti per ogni uso: u pan(e)r(e), u panaridd(e), u panarazz(e), u kanistr(e), u kan(e)stridd(e), u mizz(e) kanistr(e), u kanistr(e) a bbar(e)kett(e), u cist(e), u c(e)st(e)n(e), u spur(e)t(e).
Il paniere con il
grosso manico da parte a parte serviva per la raccolta della frutta; il
canestro per riporre la frutta, i biscotti, i taralli, gli scaldatelli, il
pane, il bucato, le uova ….; il cesto grande veniva usato per la vendemmia,
poteva contenere 40-50kg. di uva che veniva trasportato a spalla. Inoltre nel canestro a barchetta (navetta) la donna
di casa riponeva gli attrezzi che servivano per il ricamo, il cucito, la
filatura della lana. Ma vi erano anche canestri che legati a brevi tratti di
corde ad un asse di legno alle estremità, fungevano da piatti di bilance adoperate,
soprattutto, dagli ambulanti che vendevano frutta e verdura per le strade.
(Inoltre il CESTAIO “impagliava”
cioè rivestiva le damigiane, i bottiglioni di vetro e damigiane a sviluppo
verticale. Il Museo Etnografico
Cerignolano (1979) ha in dotazione una cospicua “raccolta” dei citati manufatti, frutto di spontanee donazioni di
cittadini.
Vediamo ora di ricordare alcuni CESTAI. Della folta schiera di
CESTAI attivi a Cerignola, nel passato recente, ricordiamo ANTONIO e TOMMASO PEDICO, padre e
figlio che lavoravano in Corso Roma (oggi Aldo Moro n. 34); GIOVANNI ALBANESE, nonno e l’omonimo
nipote che lavoravano in uno dei vichi De Martinis (si ringrazia il Sig. Giuseppe Delvecchio per le
notizie); DOMENICO ABBASCIA’ ,
lavorava per uso proprio in via Solferino, 18 ( si ringrazia il Sig. Domenico Catucci per le notizie); ANTONIO DENTE con il padre VINCENZO in
via Galileo Pallotta, 43 negli anni ’50 – ’60, vendevano i loro manufatti in Piazza Mercadante, ceste ai contadini
per la vendemmia ed effettuavano i rivestimenti
alle damigiane (si ingrazia il Sig.
RICCARDO DICHIO per le notizie).
Michele Lucente
ricordava un certo PEPPINO vicino l’Edificio (“la Defizi(e)”) Scolastico
Elementare “Carducci”, altri due “NANUCCE”
(forse Domenico) nella strada della
Farmacia di don Fedele in via Vittorio Veneto, l’altro nei pressi della Chiesa
di San Gioacchino, forse gli artigiani Cestai
Albanese. Ricorda ancora che in via
San Leonardo vi erano altri quattro-cinque CESTAI.
Cerignola, 14 aprile 2024 Matteo Stuppiello
* Si veda MATTEO
STUPPIELLO, Il Cestaio antico
mestiere locale, Tipolitografia “Miulli”, via Roma 52 – San Ferdinando di
Puglia (Fg). E’ la SCHEDA a tergo
della LITOGRAFIA realizzata graficamente
ed acquerellata a mano, a tiratura limitata in N. 200 copie, dal Prof.
SALVATORE DELVECCHIO “I Giovani interpretano il Museo Etnografico
Cerignolano VII Edizione – il Cestaio antico mestiere locale – Mostra grafico-pittorica degli Alunni
dell’Istituto Statale d’Arte “Sacro Cuore” – Cerignola – Sala Mostre “Servo di
Dio Mons. Antonio Palladino” – Corso Aldo Moro, 89, Cerignola, 19-28 Marzo
2005” (4).
Note
(1) – Ringrazio l’amico NICOLA BORRELLI per la ricerca dei dati anagrafici presso l’Ufficio Anagrafe del Comune di Cerignola effettuata il 29.3.2018.
(2) – Della simpatica visita e intervista di Michele Lucente sul Museo Etnografico Cerignolano eravamo presenti oltre lo scrivente il mio collaboratore e Socio, il Maestro d’Arte Michele Divito. Per l’occasione Michele Lucente volle fare dono di una GRANDE ACCETTA e una ZAPPA a PUNTA che erano stati gli ATTREZZI del suo mestiere.
(3) – Ringrazio, Suor CHIARA LUCENTE, figlia di Michele, dell’Istituto Figlie di Maria Ausiliatrice – Cerignola – per la sua ampia collaborazione nel fornirmi fotocopie di certificati di nascita, di matrimonio del Comune di Valenzano; Certificato di Stato del Comune di Cerignola e Certificato di Matrimonio del Comune di Bitonto della Chiesa Matrice – Parrocchia S. Rocco di Valenzano.
(4) – ANTONIO TUFARIELLO, Quell’antico mestiere – LA MOSTRA / In “vetrina” i prodotti dei maestri cestai – Con acquerelli di Lucente, artista in pensione, “LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO” – 19 Marzo 2005, p. 13.
(1)
Sig. MICHELE LUCENTE nato a Cerignola il 21 febbraio 1922 e deceduto a Cerignola il 13.4.2010
nella sua casa in via Savona, 21/D, figlio di Francesco e di Rosa Lonigro,